Delos 22: Pensiero Stocastico Pensiero Stocastico

di Roberto Quaglia

GLI ALIENI SONO NEI NOSTRI CERVELLI?

TRAME DI UNA INVASIONE SIMBIOTICA

Secondo Robert Sheckley, per troppo tempo ormai Roberto Quaglia non è stato famoso. Secondo Ugo Malaguti, è un genio. Roberto Quaglia, ovvero il rappresentante della fantascienza del nostro Paese più famoso all'estero e più sconosciuto in Italia, continua a fare tante domande e a rifiutare tutte le risposte.

C'era una volta, quindi c'era più volte, nonché c'è anche adesso, questa stessa frase estremamente intenta a riferire di sé. C'era la frase in oggetto prima che chi scrive (colui che fra l'altro io frequento parecchio) la mettesse nero su bianco. Essa era forse idealmente iscritta fin dal principio nel Libro Mastro dell'Universo, poiché in esso il Prima e il Dopo sono di certo un tutt'uno che solo la nostra rozzezza separa. Certamente, la frase in oggetto esisteva poco prima che la si scrivesse, presente nei labirinti mentali di chi la stava per scrivere. Poi, da quel momento, la frase in oggetto, pur senza nulla più fare, prese ad esistere un numero crescente di volte, una per ogni istante trascorso. Quindi, fin dal primo momento, un numero infinito di volte. Ma siamo sicuri? Da un punto di vista ideale tutto ciò può forse anche essere vero. In pratica, la frase in oggetto esiste solo un numero finito di volte: una per ogni volta che a qualcuno essa risuoni in mente, per stare leggendola, per ricordarla, o per generarla in proprio.

La frase in oggetto (la prima di questo segmento di scritto - è un promemoria per i più distratti), così come anche quelle che seguono, assomiglia ad un organismo vivo. Essa esiste, concretamente, da un determinato momento in poi, dopodiché inizia a replicare se stessa, ogni volta che qualcuno la legga, la oda, la ricordi o comunque la pensi.

I sedicenti scienziati, che tanto amano distinguere le categorie dell'esistenza per dimostrare di essere specialisti in qualcosa, amano sostenere, o forse piuttosto non riescono a non sostenere, che un organismo vivo si distingua dalla materia inerte per la sua capacità di riprodursi. Gli esseri umani, in effetti, ci tengono molto a far notare a sé e agli altri che c'è differenza fra essi e una pietra, e a tale vezzo devolvono facilmente non poca energia, ottenendo a tal modo più che altro il grossolano risultato di credere che qualcosa nel cosmo possa essere vivo mentre qualcos'altro possa non esserlo. Ma facciamo qui ed ora finta di non vedere la ridicolaggine implicita in tali consolidate visioni distorte, cascami d'antropomorfismo idiota, e giochiamo a credere che quanto saccenti scienziati sostengono con la sola forza della loro credulità corrisponda alla Realtà: fingiamo quindi, provvisoriamente, che abbia senso operare una netta distinzione fra ciò che è vivo e ciò che non lo è.

Sostanzialmente, è considerato vivo tutto ciò che è in grado di riprodursi autonomamente. Il resto è materia inanimata.

Ebbene, a quale categoria appartiene allora la nostra frase di cui stiamo andando parlando? Essa è stata scritta una sola volta, in singolare circostanza, dopodiché ha iniziato a replicare se stessa in tutti i cervelli degli individui che l'hanno letta. Con il trucco di Internet, tale propagazione è potenzialmente rapidissima. Alcune frasi, scritte una sola volta in siti favoriti di Internet, hanno poche ore dopo replicato se stesse milioni di volte, in milioni di cervelli umani. Ma con il trucco di radio e televisione, tale replicazione è ancora più travolgente. Frasi pronunciate da qualcuno una sola volta si replicano a tal modo istantaneamente in decine di milioni di cervelli umani. Talune, anche in miliardi ("Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un grande balzo per l'umanità"...). Ebbene, secondo i parametri condivisi da tutti i moderni scienziati, dobbiamo concludere che la nostra frase in oggetto (così come quasi tutte le altre nel mondo) è certamente viva, proprio come... come che cosa? A quale altra forma vivente assomiglia la nostra frase?

E' ben difficile rispondere ad una tale domanda, e probabilmente è meglio non farlo, dato che le risposte sono utili solo quando pongono nuove e più profonde domande, in difetto della qual cosa costituiscono solo un tatticismo utile ad uccidere la propria domanda madre. (esempio: tutti i bambini giungono prima o poi a porre domande geniali ai propri genitori, i quali, solitamente incapaci a rispondere con la necessaria competenza, stroncano l'evoluzione mentale dei loro figli con risposte cretine intese solo ad uccidere per sempre tali fastidiose domande, di modo che essi, divenuti adulti, di rado possano rivelarsi più intelligenti di loro. Esempio nell'esempio: il bambino che chiede "perché?", ed il genitore che risponde "perché sì!" oppure "perché no!")

Tuttavia, possiamo sbizzarrirci in qualche ipotesi, avvezzi come siamo a non prendere troppo sul serio le nostre risposte, sensibili come siamo all'esigenza di tutelare la benefica persistenza delle nostre sacrosante domande.

Vediamo allora come la nostra frase possa in un certo senso essere equiparata ad un virus. Il virus, come sanno i biologi, è in sé ben poca cosa. Si tratta essenzialmente di qualche scheggia di RNA, ovvero, in sintesi, un puro frammento d'informazione. Se tale informazione, per coincidenza o altro, consiste per lo più nel trucco di aggirare le nostre difese immunitarie e replicare se stessa nelle nostre amate cellule, la faccenda tende ad indisporci, in tutti e due i sensi. Tipico dei virus, oltre alla propria semplicità strutturale, è notoriamente la propria potenziale prolificità, nonché la proprietà di poter mutare rapidamente. Un virus può facilmente replicare se stesso milioni di volte in un brevissimo lasso di tempo. Bene, le stesse identiche caratteristiche sono proprie della nostra frase. Come un biologo pazzo (o militare) che generi un nuovo virus che sfugga al suo controllo e si diffonda per l'umanità, una certa frase generata da un individuo e giunta all'orecchio o sotto gli occhi di altri, invade analogamente l'umanità, estinguendosi rapidamente se scarsamente significativa, oppure vivacchiando modestamente circoscritta in limitati ambiti, o invece, all'estremo opposto, moltiplicandosi al di fuori da qualsiasi controllo con una virulenza che ben poco ha di inanimato.

In effetti, l'informazione veicolata dagli esseri umani può a pieno titolo venire considerata come una nuova forma di vita. Essa non fa parte dell'essere umano, l'informazione del quale è rigidamente codificata del DNA dello stesso. Essa è una nuova forma di vita che coesiste in simbiosi con l'essere umano, una forma di vita che ha il corpo dei semantemi utilizzati dall'Uomo, ossia la cultura umana, per il mutuo vantaggio di entrambe le specie. Essa è potente e assoggetta l'Uomo al proprio dominio, dispensandogli in cambio la materia di cui nutrirsi, una vasta gamma di passatempi (tutte le attività umane inessenziali), e modiche quantità di endorfina, il premio dell'addomesticamento.

E' tragicomico assistere a talune manifestazioni di quanto sostenuto finora. Tragicomico è ad esempio osservare maschere umane intrise di sottile deficienza, nella pseudoprestigiosa veste di annunciatori di telegiornali, inconsapevolmente asserviti alla dittatura delle più perniciose fra le informazioni, diffonderne la carica virale capillarmente fra gli esseri umani, infettandoli e reinfettandoli quotidianamente. No, non stiamo parlando di politica. Alludiamo alla macabra danza della cronaca nera. Quegli inconsapevoli untori che credono di recitare il telegiornale, educano in realtà i telespettatori a compiere le ricercatissime atrocità che altrimenti nessuno sarebbe mai giunto ad immaginare in proprio. Quando un paio di teppisti fantasiosi ebbero la pensata di gettare sulle automobili pietroni dai cavalcavia delle autostrade, prontamente i deficienti untori televisivi, schiavi di quel nuovo virus informazionale, diffusero lo stesso in tutto il paese moltiplicando i lanciatori di pietre. Una coppietta si suicida con i gas di scarico, ed i tele-untori alla carica, senza alcuna coscienza e gonfi di grottesca fierezza anziché di più consona vergogna, immettono il nuovo virus nel sistema circolatorio della società, moltiplicando i suicidi. E' curioso notare come la Televisione stessa sia in effetti un organismo vivo, simbiotico con la specie umana, che funge da ottimale nicchia ecologica per i più potenti virus informazionali sviluppatisi in seno all'essere umano. In effetti, la Televisione è un organismo che trae la propria esistenza dai virus culturali umani, così come un uomo la trae dalle proprie cellule. Ed è tragicomico vedere come buona parte di tali virus veicolati dalla Televisione siano nocivi agli individui, trattandosi per lo più di istruzioni per l'esercizio della mutua violenza e sopraffazione. Con il trucco delle endorfine (connesso al tornaconto economico) il battaglione dei virus anti-umani controlla il comportamento degli individui coinvolti nel metabolismo della Televisione, utilizzando ai propri imperscrutabili fini i trucchi più rozzi, come le parole magiche pregne di significati mistici: il vocabolo "censura", imbibito di un tabù potente come la morte, simbolo purissimo di un incomprensibile Male; la locuzione "diritto di cronaca", dogmaticamente intrisa del più benefico fra gli elisir del Bene, entità incontestabile se non a prezzo di infame bestemmia.

Tema caro della fantascienza, fin dai suoi inizi, è l'immaginazione di altre forme di vita oltre a quelle già note. Le invasioni di extraterrestri sono lo sviluppo più frequente di questa tematica. Inventato da H.G. Wells ("la guerra dei mondi") per fare una satira della politica colonialista inglese, è stato successivamente sviluppato da numerosi autori, talvolta con risultati egregi, più spesso nella veste di tormentone nel quale l'opera di immaginazione ed estrapolazione offerta consiste essenzialmente nel fatto che i Buoni sconfiggono i Cattivi, impiegandoci comunque troppo tempo.

Negli anni trenta del XX secolo un giovane scrittore condannato a morte da un cancro, Stanley Weinbaum, in un sublime canto del cigno si produce in uno straordinario affresco di immaginazione sul tema di possibili forme di vita aliene ("Un'odissea marziana"). Fuori dagli stereotipi e dal più tribale antropomorfismo, gli alieni sono per la prima volta realmente tali. E' un momento di svolta per la science fiction, e quindi per l'immaginazione umana. Fred Hoyle, il celebre fisico che creò la teoria dell'universo stazionario, scrisse un romanzo ("La nuvola nera") nel quale ipotizzava un organismo vivo consistente in una gigantesca nube ampia molti milioni o miliardi di chilometri (adesso non ricordo quanti), la quale vagando per l'universo passa per il nostro sistema solare causandoci non pochi guai. Scienziato raffinatissimo, Hoyle rappresentò a tal modo una possibilità credibile, originale ed affascinante. Non meno brillante si rivelò lo scrittore polacco Stanislaw Lem, con il suo celebre ed eccellente romanzo Solaris (dal quale il regista russo Tarkowsky trasse il noto film omonimo), nel quale egli ipotizzava, su un lontano pianeta interamente ricoperto d'acqua, un oceano vivente: grandioso, potente ed inesplicabile. Frederic Brown, in un breve racconto ("Gli ondicoli") raccontò l'invasione della terra da parte di una forma di vita extraterrestre invisibile che si nutre di radiazioni elettromagnetiche della frequenza che gli esseri umani utilizzano per le trasmissioni radio, così causando un definitivo black out delle radiotrasmissioni umane. Isaac Asimov, nonché moltissimi altri, hanno ipotizzato che l'avvento dei computer sia l'inizio in realtà di una nuova forma di vita, fondata sul silicio. In effetti, per quanto i computer non siano ancora propriamente in grado di riprodursi autonomamente, è anche vero che i microprocessori (cioè i cervelli) degli stessi sono ormai progettati e costruiti dai computer stessi. Nessun essere umano sa esattamente cosa ci sia dentro un Pentium, né tutte le funzioni che esso può assolvere, al di là di quelle previste.

Un argomento sostenuto da molti scrittori di SF è che altre forme di vita, di una natura COMPLETAMENTE differente dalla nostra e da quelle che ci siamo abituati a riconoscere, potrebbero condividere il nostro stesso spazio senza che mai noi ci si possa rendere conto della loro esistenza.

Ebbene, ciò che ho appena iniziato a sostenere io (con mia propria sorpresa, vi garantisco) è sostanzialmente che le idee umane costituiscano una forma di vita propria, che si evolve in simbiosi con la nostra specie, perseguendo i suoi fini e rispettando i nostri solo nella misura in cui ciò è conveniente per essa.

Dopotutto, chi è mai in grado di fermare o anche solo di governare il comportamento di una propria idea espressa, immessa in circolazione nell'umanità? Quando Albert Einstein pensò ciò che pensò e lo comunicò al mondo, le sue idee, attecchite in altri cervelli, si comportarono come organismi autonomi, svincolati dalla volontà del loro padre iniziale, rapidamente evolvendosi verso la realtà della creazione della bomba atomica. Einstein si oppose per anni all'idea che venissero costruite bombe atomiche, convinto com'era che lo scoppio della prima di esse avrebbe innescato una reazione a catena che avrebbe mutato la terra in un sole. Nulla da fare. Uscita dal suo cervello, la sua idea non gli apparteneva più. Ma gli era mai appartenuta? Oppure essa si era servita di lui?

Le idee possiedono tutti i requisiti per essere considerati una forma di vita propria, e non solo come un modo di dire. Una forma di vita così aliena rispetto alla nostra complessa ma descrivibile fisicità, che nessuno è ancora riuscito a descriverne la natura con parole che suonino plausibili.

Se però le idee umane, i semantemi, le frasi, la cultura, costituiscono, come logica suggerisce, una forma di vita propria, non sarà il caso di rivedere in toto le nostre meditazioni a riguardo?

Immagino che in futuro debbano necessariamente nascere Enti per la Protezione Lessicale, Associazioni per la Salvaguardia delle Locuzioni in via d'Estinzione, un Telefono Azzurro per gli Abusi contro i Neologismi, un Tribunale Internazionale contro la Cronaca Nera nel Giornalismo, Comunità Agroturistiche imperniate sul Linguaggio Biologico, e soprattutto una Carta dei Diritti e dei Doveri delle Idee, ove vengano formalizzate le modalità di mutua, civile e pacifica convivenza fra gli esseri umani e le idee che, con il loro carico di parole, frasi, semantemi e compagnia bella, vivono in loro. Non mi stupirei se un giorno dall'umanità venisse fuori questo ed altro.

Comunque, le nostre idee sono vive. Una di esse - quella che sto esponendo in queste righe - si è appena impadronito di me, mentre sto scrivendo queste cose che prima di scrivere nemmeno lontanamente immaginavo, usandomi come incubatrice per la sua personalissima gestazione, un po' come l'insettone di Alien dentro il corpo dell'astronauta di turno. Adesso, mi duole un po' dirlo, è anche dentro di voi. Essa vi ha invaso, approfittando nella corretta misura della vostra disattenzione e della vostra attenzione. Non crediate di averla scampata, se per caso non la sentite dentro. Percepiva forse l'astronauta di turno il mostro di Alien crescergli nelle viscere prima che esso, fatalmente giunto a maturazione, lo uccidesse per uscirsene da lui? Non c'è scampo! L'idea che fra queste righe si cela, lo vogliate o no, vi ha penetrato a tradimento, e prima o poi, come il mostro di Alien vi imporrà i suoi imperscrutabili dettami. Non sentite ancora niente dentro di voi? Neanche un pochettino, piccolo piccolo, di confusione, di incertezza, di dubbio? Sono i primi sintomi dell'infezione. Ma pure se non avvertite sintomi, non crediatevi al sicuro. L'infezione, spesso, è completamente asintomatica. Poi sboccia di colpo, in un momento futuro imprecisabile, impadronendosi di voi quando meno ve lo aspettate. A meno che non siate per costituzione dei portatori sani. Taluni individui, ai quali è riconosciuto lo status di umani, presentano la notevole proprietà di non essere infettabili da quasi alcun genere di idea. Essi leggono, eventualmente, un testo che ne contenga pure in abbondanza, ed a tal modo evidentemente le idee lo penetrano, come il protozoo della malaria penetri chiunque sia punto da una zanzara anofele. Ma tutto finisce lì. E' come piantare dei semi di cetriolo in mezzo al deserto. Non succede quello che il cetriolo si aspetta. Tutte le idee che pure varcano le soglie del cervello di un portatore sano, non attecchiscono, non si sviluppano, muoiono lì. Alcuni studiosi immaginari, che ci stiamo inventando lì per lì, hanno sostenuto che tali portatori sani di idee siano fondamentali per la stabilità dell'ecosistema costituito dall'accoppiata simbiotica tra essere umano e le sue idee. La loro resistenza e immunità pone un argine all'espansione delle idee in tutti i cervelli umani, garantendo al sistema una stabilità altrimenti forse impossibile. Cosa ne sarebbe infatti della specie umana, se tutte le idee riuscissero allegramente a banchettare in tutti i cervelli? Sarebbe la fine, per la specie umana, e contestualmente anche per le idee. Un po' di rispetto, quindi, è dovuto anche ai portatori sani di idee. Gli anticorpi che evidentemente li proteggono, collateralmente li rendono particolarmente molesti agli altri, ma è un prezzo che si può pagare, dato che essi hanno probabilmente l'unica ma importante funzione di profilattico contro l'estinzione della specie.

Abbiamo sinora parlato solamente di quel tipo di vita che vivrebbe in simbiosi con noi esseri umani. Se però a questo punto non ci vogliamo fermare con la speculazione (e quando mai?!), dobbiamo notare come un ragionamento analogo deve potersi applicare anche alle altre specie viventi. Anche gli altri animali superiori hanno cervelli ben sviluppati, capaci di qualche tipo di pensiero, che noi non sappiamo immaginarci. E anch'essi possiedono linguaggi, talvolta molto articolati (basti pensare ai delfini, ma anche ai topi e, perché no, alle formiche, sebbene si tratti di un linguaggio olfattivo). Trattasi anche qui di una simbiosi fra quelle specie ed il loro semantemi? E cosa dire delle altre forme di vita, dei vegetali, degli esseri unicellulari, eccetera? E perché non estendere il ragionamento alla materia inanimata? Non è forse vero che un atomo comunica efficacemente con gli atomi circostanti, tenendosi spesso a debita distanza uno dall'altro in quei vincoli famigliari che noi chiamiamo molecole? E che queste ultime hanno una vita sociale molto complessa, da noi chiamata "chimica", che in tutto e per tutto assomiglia, in embrione, a un linguaggio? E non è vero che anche all'interno di un atomo succede qualcosa che assomiglia allo scambio d'informazione e forse lo è, dato che le particelle che lo compongono coesistono secondo principi complicatissimi che neppure gli esseri umani riescono bene a capire?

A ben guardare, lo scambio d'informazione, che assume la sua forma più complessa nel nostro linguaggio umano che abbiamo appena rivelato essere una forma autonoma di vita, esiste ad ogni livello della materia e dell'energia. Vuole ciò forse dire che esiste un solo tipo di vita, che permea trasversalmente tutti gli esseri cosiddetti viventi e quelli cosiddetti non viventi?

Tutto ciò inizia a somigliare a quello che sostiene anche un fisico belga, Jean Emile Charon, al quale non ho minimamente pensato per l'intero svolgimento di questo testo, ma che ora, fatalmente, emerge dai miei stessi discorsi, e del quale, prima o dopo, inevitabilmente, dovrò evidentemente parlare in modo più ampio.

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