Delos 23: Cieli Sintetici Cieli Sintetici

di Emiliano Gokuraku Farinella

william gibson

e l'oro delle fate

Un viaggio storico, critico e riflessivo sul cyberpunk: un fenomeno, un modo di vita, e soprattutto una letteratura. Forse la più significativa di questo scorcio di fine millennio.

Provate a fregare l'Hosaka o la Yakuzia... e vedrete sparire i vostri conti e la vostra vita come l'oro delle fate.

Provate ad entrare in un sistema coperto da ICE e vedrete le vostre terminazioni nervose bruciate, sarete presi da uno spasmo epilettico che prosegue e prosegue finché non resterà nulla...

E' quello che più o meno sarebbe potuto accadere al cyberpunk di Gibson: dire quel che aveva da dire e poi sparire. Tentare la sua missione - innescare la rivoluzione del secolo - e poi sparire, come l'oro delle fate... Un po' è andata così, il cyberpunk di Gibson ha detto delle cose straordinarie e di una portata eccezionale in un arco di tempo molto ristretto, e poi è sparito in quella forma, e si è tramutato rivitalizzandosi. Ma vediamo un po' cos'è successo in quella prima, fondamentale, fase...

Tra il 1977 e, diciamo, il 1986 il cyberpunk gibsoniano ha espresso tutto quello che avrebbe avuto da dire sulla realtà odierna. In pochi anni ha reinterpretato in modo innovativo il mondo intero e ha lanciato un messaggio folgorante che ci ha scosso profondamente, a tal punto che l'ondata non si è ancora fermata.

In effetti il cyberpunk gibsoniano (e sottolineo gibsoniano, visto che le odierne evoluzioni del genere superano nettamente lo stile di quell'old - incredibile - cyberpunk) aveva tirato fuori molto in fretta tutte le sue potenzialità. Le innovazioni tematiche, le stupefacenti nuove idee, lo stile sconvolgente che lo caratterizza fino ad oggi, quelle immagini che si sono marchiate a fuoco nell'immaginario collettivo, le estrapolazioni sociali, la reinterpretazione del significato dell'informazione, tutti gli strumenti tecnici, le peculiarità narrative, i personaggi pittoreschi, l'ambiente suburbano, l'estetica trash... beh, tutto, decisamente tutto del primo cyberpunk era già stato detto da Gibson ben prima che il mondo intero si accorgesse che il cyberpunk esisteva. Mentre il fenomeno scoppierà solo nell'84 con l'uscita di Neuromante che l'anno seguente vincerà tutti i massimi premi della fantascienza, Premio Hugo, Nebula, e il memorial Philip Kindred Dick.

Se dovessi scegliere i cinque racconti che racchiudono in sé il significato di quel cyberpunk non avrei dubbi nello scegliere: Fragments of a Hologram Rose del 1977, Johnny Mnemonic del 1981, Burning Chrome del 1981, New Rose Hotel del 1983 e The Winter Market del 1986 (Tutti racconti che trovate nell'antologia edita da Mondadori La notte che bruciammo Chrome)

E' anche possibile che Gibson abbia scritto Mercato d'Inverno solo nell'86 per far dispetto a chi come me avrebbe potuto scrivere con gran enfasi che il suo cyberpunk aveva detto tutto già prima ancora che nascesse per il grande pubblico, con Neuromante, nell'84.

Non c'è la dichiarazione ad effetto ma egualmente in quei racconti trovate _tutti_ gli elementi di quel cyberpunk.

I segni distintivi di quel sognatore che ci sbalordirà si intravedono già nel 1977 in Frammenti di una rosa olografica. In questo primo racconto Gibson incomincia già ad accennare quel particolare modo di scrivere che renderà facilmente distinguibili i suoi racconi (e di quelli che provano ad imitarlo...), troviamo già pezzi come "Il sogno registrato del mattino sta svanendo: attraverso altri occhi, il fumo nero di un mercantile cubano... svanisce insieme all'orizzonte, naviga sullo schermo grigio della mente".

Per dirla alla Sterling già in questo racconto sono presenti gli elementi che caratterizzerrano tutto il movimento: "una complessa sintesi della moderna cultura pop, alta tecnologia, tecniche letterarie d'avanguardia".

Ma in effetti Gibson arriverà a scuoterci solo quando nel giro di pochi anni presenta i tre racconti dell'Agglomerato - Johnny Mneminc, Burning Chrome, New Rose Hotel - che definiscono in modo preciso i termini di questa rivoluzione che stava per innescare.

La notte che bruciammo Chrome è forse il più stupefacente dei tre, assolutamente sconvolgente per il mondo in cui catapulta il lettore, che mai nulla di simile aveva intravisto altrove.

La storia è quella che diverrà un classico del genere. Un cowboy, un hacker mercenario, che vuole sfondare un sistema coperto e fare il colpo che lo sistemerà per tutto il resto della vita, mettendo in ginocchio un giro di prostituzione connesso alla Casa delle Luci Blu.

I protagonisti sono un po' inusuali per una storia di SF, quantomeno per quanto si era abituati a leggere fino ad allora. C'è Bobby, il cowboy, lo scassinatore, una di quelle facce giovani-vecchie che scorazzano per la matrice in cerca di informazioni preziose; il compagno è Automatic Jack, con un braccio mioelettrico, è quello che si occupa dell'hardware mentre Bobby naviga cavalcando software potentissimi. Sono personaggi senza alcune pretese e con un vago spessore morale, immersi in situazioni galvanizzate da potentissime metafore, dal forte impatto visivo, e ambienti che sollecitano molto la fantasia del lettore.

I due tipi, come tutti i personaggi che incontreremo, sono parecchio lontani dai cliché di genere che si potevano incontrare fino all'inizio degli anni '80 (adesso invece è diventato un cliché questa tipologia di personaggi proposta da Gibson...). Bobby è magro, pallido, con gli occhiali scuri, ha il pallino delle ragazze e non è molto motivato, in fondo sono le ragazze il suo stimolo per farlo muovere. Jack invece è un tipo dall'aria poco raccomandabile, senza grandi ambizioni, gli basta potersi pagare l'affitto e mettersi una camicia pulita. Il loro habitat naturale è la periferia urbana, bordelli e locali frequentati da spacciatori, maestri dell'arte di arrangiarsi e perdi tempo di ogni ordine e grado.

L'ambientazione è quella che diverrà un classico: c'è sempre buio, l'aria puzza sempre di qualcosa, i vetri sono immancabilmente rotti, l'alito della gente puzza, i muri sono pieni di crepe, ci sono pozzanghere fangose ovunque in cui si riflettono bagliori di neon con lo starter bruciato... e così via una serie di innumerevoli particolari che per ora tralasciamo. Insomma, qui siamo in pieno cyberpunk, siamo ben lontani dall'acciaio polito cui ci aveva abituati Star Trek, e purtroppo questo futuro un po' fosco appare molto più vicino di quelle astronavi linde.

Ma fossero solo innovazioni letterarie di questo genere certo Gibson non sarebbe passato alla storia (come accadra', invece. Ne sono sicuro!).

In questa prima storia Gibson ci regala niente poco di meno che il cyberspazio, ebbene sì, ci regala un'elegante metafora letteraria di quello strumento che state usando in questo momento per leggere queste righe.

Lo spazio non è più un'esclusiva del mondo reale per nessuno, abbiamo una nuova dimensione che inizia a contendersi la prerogativa di realtà.

Ma le innovazioni proposte non si fermano certo qui. Siamo passati molto velocemente oltre Jack, ma siamo sicuri di aver capito bene cosa significhi "un braccio mioelettrico"!?

Beh, un arto artificiale oggi non può certo vantare eccessive prerogative fantascientifiche e potrebbe non stupirci più di tanto, ma 15 anni fa le cose erano diverse e soprattutto 15 anni fa Gibson non si fermò certo a questo.

Il rimodellamento del corpo umano tramite upgrade hardware è all'ordine del giorno nel mondo di cui narra. Non si tratta solo di protesi che sostituiscano arti dannegiati in eventi violenti. Si tratta di protesi o di "schede" che non hanno altro fine che potenziare il corpo umano e migliorare le sue prestazioni.

Molly, la guardia del corpo di Johnny Mnemonic, dispone di lame affilate come bisturi che le escono direttamente da sotto le unghia delle dita, ha delle lenti scure innestate proprio sotto gli zigomi. Un uomo contro cui combatte ha una bobina di filo monomolecolare (capace di tagliare l'acciaio con estrema facilità) impiantata al posto dell'ultima falange di un pollice, questo stesso uomo dispone di schede acceleratrici del sistema nervoso che gli permettono di rispondere più velocemente degli altri ad ogni sistuazione.

Poi c'è il famoso Johnny di cui tutti conoscerete la storia avendo visto il film al cinema... ma due parole le spreco egualmente. Johnny è un corriere che trasporta la merce più redditizia di quel mondo: le informazioni. Informazioni preziose, tanto che non ci si possa fidare di nessuna linea di trasmissione e le si innestano nella sua mente - cifrate in modo quasi assolutamente sicuro. In uno di questi lavori nei banchi di memoria artificiale, che si è fatto innestare in testa, sono state scaricate informazioni che i proprietari, poco leggittimi, ritengono riservate e per sfuggire alla loro caccia non gli rimane che... beh, questo basta per inquadrare la situazione, per il resto leggetevi il racconto.

La società che era interessata a mantenere il segreto su quelle informazioni (e che per questo era ben disposta ad uccidere qualcuno) era la Yakuzia, una corporazione, una zaibatsu, una di quelle multinazionali che controllano intere economie, e il cui fatturato annuo è ampiamente superiore a quello di certe nazioni. Questa componente - direttamente presa a prestisto dal sistema economico di tipo feudale presente nel Giappone d'inizio secolo - è un'altra delle innovazioni inserite da Gibson in queste prime opere e che si riproporrà come una costante d'ora in avanti.

L'Hosaka è un'altra di queste zaibatsu, quella contro cui sbattono il muso i protagonisti di New Rose Hotel, altro racconto dell'Agglomerato. Il succo del racconto è che dei tizi forzano un sistema coperto, si fanno accreditare un bel po' di quattrini su conti segreti in banche sparse per il mondo (mentre accreditano cifre 10 volte più grandi ad associazioni assistenziali a fini benefici... sì, in fondo gli hacker fanno parte dei buoni) e poi tentano di sparire per godersi il meritato guadagno di un'azione di mirabile hackeraggio.

Peccato che siano stati abbondantemente tracciati e che i loro conti siano stati bloccati e adesso rischino di trovarsi morti prima ancora di finire quella missione.

La cosa straordinaria è che nell'arco di qualche minuto da poveracci diventano ricchi nella valuta più forte del mondo per poi vedere subito sparire quei conti. Le banche negarono che fossero mai esistiti quei conti... in fondo ogni azione in questo mondo è legale solo nella misura in cui si riesce ad imporre la sua legalità, e state sicuri che una potente zaibatsu riuscirebbe ad imporre qualunque cosa, ben oltre l'esistenza o meno di un conto di qualcuno...

L'ultimo racconto, che completa il quadro del nocciolo duro del cyberpunk, è Mercato d'Inverno, grande racconto d'atmosfera, il più poetico e il più toccante di quelli che abbia scritto Gibson.

Tra l'altro a questo racconto si deve in parte un nomignolo che venne affibiato a Gibson da Delany, lo definì un gomi no sensei (maestro dei rifiuti), uno scrittore "bricoleur", il che significa uno che appiccica un sacco di roba diversa dentro i suoi scritti, anche un sacco di spazzatura.

In questo racconto c'è un maestro dei rifiuti, Rubin, "ciò di cui è maestro è il mare di merci gettate via su cui galleggia la nostra civiltà".

La storia va avanti con molta sensibilità tra una ragazza molto creativa assolutamente incapace di muovere un muscolo che usa un esocheletro per muoversi, ed un tecnico che si occupa di registrare una sorta di mondi virtuali creati dalla mente di giovani creativi. Ebbene, i migliori che si siano mai visti li crea proprio questa ragazza che tanti problemi ha con se stessa e con il mondo intero, in fondo.

Se ancora vi chiedete cosa sia l'Agglomerato, se vi chiedete cosa sia lo sprawl in cui è ambientata la trilogia (Neuromante - Count Zero - Mona Lisa Overdrive) beh... leggendo anche uno solo di questi racconti se ne ha un'immediata idea visiva di questo ambiente urbano, della fauna umana che lo popola, del linguaggio che si sente per quei vicoli, dell'aria umida e fetida che si respira, del disagio che si sente opprimente... tutto questo è l'Agglomerato, tutto questo è il palcoscenico su cui Gibson manda i suoi protagonisti a recitare un'estrapolazione esasperatamente lucida di quella che è la realtà odierna.