Fantasia & Nuvole

di Francesco Grasso

fgrasso@fantascienza.com

Alita

Fantasia & Nuvole, questo mese, compie l'ennesima puntata nel paese del Sol Levante. Argomento della sesta tappa del viaggio nel mondo esotico e affascinante dei manga, uno dei più recenti (e per certi versi contraddittori) successi dell'inesauribile scuola giapponese: Battle Angel Alita di Yukito Kishiro. Lo sappiamo, la vostra rubrica favorita rischia di essere tacciata di parzialità geografica. D'altra parte, se i "manga" e gli "animè" nipponici continuano ad avere un tale strepitoso successo, siamo pur obbligati a chiederci perché. E, senza per questo inchinarci ai re Mida dagli occhi a mandorla, dobbiamo tentare di scrutare meglio i loro segreti, per scoprire infine l'alchimia misteriosa per cui tutto ciò che la loro matita tocca diventa oro.

la storia

Siamo in un futuro lontano, un'epoca cupa e violenta di cui viene detto poco, se non che la vita è una lotta quotidiana con molti affanni e poche certezze. Un'immensa città volante (chiamata Salem nel manga, Zalem nell'animè) ricca e opulenta, fluttua nel cielo sovrastando una gigantesca discarica ove consuma la sua esistenza un'umanità tormentata e derelitta, composta da emarginati, criminali, uomini con innesti bionici, cyborg con protesi biologiche, ibridi con le più orride contaminazioni di carne e metallo... La sola cosa che unisce quest'ammasso caotico e disarticolato in cerca di un'identità impossibile è il comune totale asservimento (che implica anche lo sfruttamento) ai signori di Salem. La città volante incombe e domina, sia fisicamente sia mentalmente, sui corpi come sui pensieri degli abitanti della discarica.

Uno di questi abitanti è Ido. Costui è un uomo dalla personalità misteriosa e contraddittoria, nonché dall'oscuro passato. Scienziato geniale, appassionato e generoso biomeccanico (capace di prodigarsi gratis per chi ha bisogno di aiuto), Ido conduce nottetempo un'attività di cacciatore di taglie, autentico predatore crepuscolare nei bassifondi della discarica. A differenza di molti suoi compatrioti, Ido è completamente umano, senza neppure un innesto bionico. Questo particolare, unito al marchio che porta sulla fronte, lo identifica come ex-abitante di Salem. Ha abbandonato la città volante per sua scelta? Ne è stato scacciato? Domande cui il taciturno scienziato si guarda bene dal rispondere.

Un giorno, frugando tra i rifiuti, Ido rinviene il busto di una fanciulla cibernetica. Egli la riporta in vita, le dona un corpo nuovo, un'identità e un nome: Alita. La ragazzina, risvegliatasi dal suo stato vegetativo, non ricorda nulla del proprio passato, e si affeziona a Ido come a un padre. Per qualche tempo il suo ruolo di figlia dello scienziato le è sufficiente: assecondando l'aspetto donatole, Alita si immedesima nei panni di una piccola, dolce bambina. Ben presto, però, i ricordi riaffiorano, e la sua vera natura si rivela prepotentemente: la delicata fanciullina si rivelerà una raffinata arma da guerra cibernetica, dimostrerà di possedere una formidabile indole combattiva e una straordinaria maestria nel panzer kunst, un'antica e micidiale arte marziale. Decisa a seguire il suo istinto di combattente, e nonostante l'opposizione di Ido, Alita si immatricola come cacciatrice di taglie. E così, tra truculente scene di combattimento, tra sangue, battaglie e allegre mutilazioni, in compagnia di una galassia di personaggi minori (Yugo, Kaos, Den, Makaku, Vector, Gonzu...) Alita si sforza di vivere al meglio la sua esistenza cibernetica. Finché, inevitabilmente, i potenti di Salem si accorgono di lei...

l'autore

Yukito Kishiro appartiene all'ultima generazione di autori giapponesi. Inizia a disegnare da studente liceale, e nel 1984 viene insignito del titolo di "Miglior Nuovo Artista" dalla rivista Shonen Sunday. Non entra subito nel mondo del professionismo, preferendo prima completare gli studi. Nel 1988 torna al fumetto pubblicando la storia horror Kaiyosei, che riscuote un notevole consenso. Due anni dopo, la casa editrice Shueisha gli chiede di creare un manga utilizzando un personaggio di una precedente storia inedita (un agente di polizia cyborg). Nasce così Gunnm (ovvero "sogno d'arma"). La serie viene pubblicata sulla testata Business Jump tra il gennaio del 1991 e l'aprile del 1995, e ottiene subito uno straordinario successo. La Viz Comics si impegna subito a tradurlo in inglese per il mercato internazionale, in particolare statunitense. Al fine di renderlo appetibile al pubblico anglosassone, il titolo del manga viene modificato, diventando Battle Angel Alita. L'operazione ha successo, e Alita diventa popolare negli States, in Inghilterra, in Spagna, e anche in Italia, ove viene tradotto e pubblicato nel 1997 dalla Marvel Manga (indirizzo di posta elettronica imarvel@panini.it). Parallelamente, parte della serie viene trasposta in animazione dalla A.D. Vision.

Come sceneggiatore, i punti di forza di Kishiro sono il ritmo e la caratterizzazione dei personaggi. I protagonisti della serie (particolarmente Alita, Ido e Yugo) sono ben delineati, divertono e offrono interessanti spunti di riflessione. Leggendo con attenzione Alita, ci si rende conto come, nonostante le sequenze di azione e combattimento, questo manga sia un'opera fortemente introspettiva, carica di simbolismi e di analisi psicologica. Leggendolo con ancor più attenzione, inevitabilmente si finisce col chiedersi se l'accanimento di Kishiro sulle scene a base di cazzottoni sia veramente sincero o sia piuttosto una mera concessione al gusto popolare.

Come disegnatore, dobbiamo riconoscere allo stile di Kishiro notevoli qualità, che rendono le tavole dell'autore giapponese particolarmente accattivanti e originali. In alcuni passaggi Kishiro rivela una perfetta conoscenza della tecnica standard e allo stesso tempo una buona personalizzazione del lavoro grafico: in particolare, sono da citare il suo sapiente utilizzo dei retini e un'incredibile abilità nel tratteggio. Tuttavia, l'opera di Kishiro non sfugge ai vizi che affliggono regolarmente la produzione fumettistica del Sol Levante: egli, come tanti tra i suoi colleghi, alterna tavole splendidamente curate a vignette tirate via in maniera approssimativa e frettolosa, presenta disegni tecnici meravigliosamente dettagliati accanto a schizzi di figure umane che si direbbero quasi infantili. Tale commistione (evidentemente frutto dei ritmi di produzione industriali imposti ai manga) usualmente viene tollerata dai lettori nipponici, avvezzi da sempre a questo modo di intendere il fumetto. Quel che sorprende, invece, è la facilità con cui il "manga-style" viene accettato sempre più spesso dai fruitori occidentali, che dovrebbero avere il palato ben più fine. "De gustibus non disputanda est", si dice. Ugualmente, non fa piacere pensare che, dato il massiccio bombardamento di manga e animé cui siamo soggetti, il livello qualitativo del disegno nipponico possa diventare uno standard de facto per il fumetto, specie per quello di fantascienza. E' questa, a parere di chi scrive, una prospettiva inquietante...

curiosità e spunti

In più di un'intervista, Yukito Kishiro ha ammesso che per il soggetto di Alita egli si sente pesantemente debitore di Blade Runner e Mad Max. Tuttavia, questa è solo una parte della verità: in realtà le citazioni dell'autore giapponese sono ad amplissimo spettro. La più sorprendente, specie perché è dimostrazione di come sia ormai obsoleto parlare di barriere culturali, è il richiamo che Kishiro lancia a un classico della letteratura occidentale: I viaggi di Gulliver. La città volante di Salem è, ovviamente, una rivisitazione della Laputa di Jonathan Swift . L'accostamento è palese nel dettaglio fisico (si veda ad esempio il marchio che gli abitanti di entrambe le città volanti portano sulla fronte), ma anche in quello simbolico. Swift metaforizzava mediante l'isola volante il distacco tra gli scienziati chiusi nella torre d'avorio delle loro discipline astruse e la vita reale; Kishiro riprende il concetto, visualizzando l'abisso che separa il paradiso dell'high-tech (per meglio dire, promesso dall'high-tech) dall'inferno umano e sociale che dell'uso sfrenato della tecnologia è il sottoprodotto.

Analizziamo più a fondo la metafora: il pilastro che dovrebbe collegare il mondo fatato di Salem (le meraviglie donateci dalla scienza) con la superficie (il mondo reale) è spezzato. Dai resti di tale pilastro, Salem scarica a pioggia sulla terra le sue scorie, i suoi scarti, i suoi rifiuti. E di questi rifiuti la gente di Alita si nutre ciecamente, come di manna gettata sprezzantemente dall'alto da un dio impietoso. La gente di Alita alza gli occhi e sogna Salem (la vita migliore promessa dai tecnocrati), ma l'accesso alle beatitudini della città volante è a loro negato (la tecnologia non è amica, è una belva che divora)...

E' un concetto che suona familiare, non trovate? Parte da Swift, è vero, ma arriva diritto a Gibson e agli allarmi sociali del cyberpunk, ai suoi scenari oscuri di moltitudini vittime più che beneficiarie dei benefici del progresso scientifico, escluse dalla conoscenza che sola dà la libertà, parassite più che fruitrici dell'opulenza tecnologica. Che Swift, inconsciamente, sia stato il primo cantore cyberpunk?

E, tuttavia, Salem non è solo un simbolo negativo. E' anche una metafora dei sogni irrealizzabili che ciascuno di noi, nel profondo, sa di serbare. Salem è un obiettivo impossibile, un traguardo sempre di fronte agli occhi (domina il cielo della discarica) ma giammai raggiungibile. Eppure, come dice Kishiro, il mondo ha bisogno di Salem. I personaggi di Alita, infatti, non cercano semplicemente un modo per sopravvivere alle insidie del loro tempo: piuttosto, ciascuno a suo modo, cercano una ragione per vivere. E Salem è lì, pronta allo scopo: qualcuno sogna di distruggerla, altri di conquistarla... Nessuno raggiungerà il suo traguardo, e in fondo va bene così: cosa resta di un'esistenza, infatti, una volta che l'obiettivo cui l'abbiamo dedicata è stato centrato? Se Salem non ci fosse, sembra dire Kishiro, occorrerebbe inventarla.

E' un messaggio su cui si può discutere, ma non è neppure il più controverso presente in Alita. Questo merito spetta sicuramente alla pervicacia con cui Kishiro disegna scene di violenza. Alita è un manga con un contenuto talmente forte e brutale da far impallidire campioni di violenza disegnata del calibro di Ken il Guerriero e Ghost in the Shell. Leggere questo manga significa immergersi in un'atmosfera immorale e sanguinaria, in cui è normale vedere dei ragazzini organizzarsi in bande notturne e aggredire passanti per sottrar loro organi (soprattutto vertebre, la cui estirpazione è straordinariamente truculenta) da rivendere al mercato nero. Le vicende di Alita sono permeate da un'efferatezza da incubo, da un carnevale di mutilazioni, asportazioni di cervelli, massacri, torture, scontri all'ultimo sangue ed esecuzioni sommarie. Kishiro brucia comparse come fiammiferi: le sue storie sono colme di poveri personaggi che nascono, si affacciano alla scena e muoiono in maniera più "splatter" possibile. Alita, nonostante abbia una ragazzina come protagonista, non è certo un fumetto per bambini.

A parziale compensazione della violenza, la grande attenzione che Kishiro riserva ai valori di amicizia e lealtà: Alita è disposta a fare qualunque cosa per chi sente vicino. Eppure lei non è un essere umano: forse è per questo che sembra così pura, così eterea, così priva di cinismo e di falsità. Intendiamoci: Alita è pur sempre un arma da guerra, e non disdegna di far scorrere il sangue. Anzi, quando si tratta di lottare, di colpire, di massacrare, non sembra che nella sua affascinante testolina ci sia spazio per scrupoli di sorta. Però è leale, votata al sacrificio, e si affeziona fino alle lacrime a chi le regala un gesto di amicizia, o un sorriso. Gli uomini presentati in questo manga, con rare eccezioni, sono invece delle autentiche belve, e il contrasto tra la disumanità dei personaggi di carne e ossa e l'umanità della cyborg Alita non può che far riflettere su cosa definisca veramente l'essere umano. Avere un muscolo che batte nel petto invece che un microprocessore è davvero sufficiente?

Bene, è tutto. Il modo migliore per terminare questo articolo, però, è usare la poesia delle ultime parole di Alita. - Il mio sogno? - dice la bambina cibernetica - Ciascuno di noi ha delle ali invisibili. Il mio sogno è che ognuno impari a volare sulle proprie ali.

Alla prossima.