uno sguardo alla sf del futuro da Emiliano Gokuraku Farinella

Detto, per la sua innata diplomazia e la sua abitudine di pesare le parole e di non avventurarsi mai in un'opinione in qualche modo sgradita a qualcuno, "Attila".

Cieli sintetici

Un viaggio nella nuova fantascienza, nei suoi rapporti con la società e le sue tendenze più originali, alla ricerca degli spunti più promettenti per il futuro del genere che più di ogni altro è pronto ad accompagnarci nel nuovo millennio.

Gianni Comoretto lavora come astronomo associato all'Osservatorio Astrofisico di Arcetri. Ad Arcetri sviluppa strumentazione elettronica per l'astronomia. Al lavoro di astronomo affianca l'attivismo sul fronte pacifista e nella solidarietà internazionale.

E' un grande lettore di fantascienza e si occupa molto di razionalismo, è interessante a questo proposito la sua pagina www.arcetri.astro.it/~comore/skeptic.

Intervistiamo Comoretto per parlare di alcuni tra i temi più cari agli appassionati di fantascienza, ci porremo domande su possibili forme di vita extraterrestre e su viaggi spaziali interplanetari e interstellari.

Delos: Iniziamo ad affrontare l'argomento "vita aliena". E' ragionevole aspettarsi che da qualche parte nell'Universo ci sia? E perché?

Gianni Comoretto: Non è semplice ragionare su qualcosa di cui abbiamo un solo esempio. Però non abbiamo motivi di ritenere che le condizioni presenti sulla Terra siano rare. La nostra Galassia contiene circa 200 miliardi di stelle, ed è solo una di miliardi di galassie. Stelle come il Sole sono comuni, circa una su sei, ed abbiamo trovato sistemi planetari appena siamo stati in grado di individuarne 1. Scartando le stelle doppie o troppo giovani, ne resta circa una su venti potenzialmente adatta ad ospitare la vita.

Sappiamo che la vita è comparsa sulla Terra praticamente appena dopo la sua formazione, i fossili più antichi, tracce di batteri, hanno circa tre miliardi e mezzo di anni. Ma sappiamo anche che per quattro quinti di questo tempo la Terra ha visto solo batteri ed alghe unicellulari. Non sappiamo se la vita pluricellulare sia un esito inevitabile, né se il tempo impiegato sulla Terra sia tipico, anche se è ragionevole pensarlo. Niente però ci garantisce che la vita evolva verso l'intelligenza, forse se una catastrofe non avesse cancellato i dinosauri, oggi la Terra sarebbe popolata solo da rettili, non necessariamente molto intelligenti, e mammiferi simili a topolini.

In ogni caso la nostra civiltà tecnologica rappresenta una frazione insignificante della storia del nostro pianeta: se un sistema stellare su venti ospitasse pianeti con forme di vita, e in tutti questa evolvesse con tempi terrestri verso la vita intelligente, solo uno su un miliardo ospiterebbe oggi una civiltà comparabile alla nostra. Il che significa comunque che ora nella Galassia ce ne sarebbe qualche centinaio. Naturalmente possiamo essere molto ottimisti sulla durata futura della nostra civiltà, che so, centomila anni, un ragionevole tempo biologico per la specie Homo Sapiens, e possiamo pensare di poter un giorno colonizzare, in qualche modo, sistemi stellari vicini. In questo caso, da qualche parte lassù ci sarebbero decine di migliaia di civiltà più evolute della nostra. Possiamo essere molto ottimisti, e immaginarci che, una volta raggiunto lo stadio di specie tecnologica, lo si mantenga anche evolvendo in specie differenti. E' però molto difficile ragionare su queste specie, è come chiedere ad uomo di Neanderthal di immaginare come viviamo noi.

Se invece faccio assunzioni molto pessimistiche, potremmo essere l'unica civiltà attualmente presente nella nostra Galassia, ma non sicuramente nei milioni di galassie presenti nell'universo osservabile.

Il radio osservatorio di Arecibo

Delos: Nella nostra Galassia, ci sono delle zone dove è più attesa?

Gianni Comoretto: Più facile dire dove non è attesa. Pensiamo sia improbabile possa evolvere nella regione centrale della Galassia, dove la densità di stelle è abbastanza elevata da provocare grossi cambiamenti nell'orbita di un pianeta su tempi geologici. E' difficile, per lo stesso motivo, in sistemi di stelle multiple, e questo ne elimina circa la metà. Stelle appena più grosse del Sole vivono troppo poco per permettere alla vita di svilupparsi, ricorderete lo stupore degli astronomi in Contact a ricevere un segnale da Vega, che ha una vita di qualche decina di milioni di anni. Una stella più piccola di 0,7 masse solari è troppo poco luminosa, per ricevere abbastanza luce un pianeta dovrebbe orbitargli troppo vicino, e finirebbe per diventare sincrono, orbiterebbe rivolgendogli sempre la stessa faccia. Inoltre sarebbe esposto a brillamenti molto più intensi di quelli solari, pericolosi per la vita.

Non possiamo comunque escludere niente, Isaac Asimov, nel romanzo Nemesis, immagina una scappatoia per rendere possibile la vita in una stella di questo tipo, immaginando che evolva su una luna in orbita intorno ad un grosso pianeta, e che quindi ha un giorno con il numero giusto di ore, pari al suo periodo di rivoluzione,

Delos: Che possibilità di contatto ci sono?

Gianni Comoretto: Il problema maggiore è quello della diluizione. Se oggi ci fossero diecimila pianeti civilizzati, il più vicino, statisticamente, sarebbe a circa mille anni luce da qui. Entro quel raggio, indistinguibili da lontano, avremmo qualche altro pianeta abitato da civiltà pretecnologiche, e milioni di sistemi stellari adatti alla vita ma disabitati. Il problema è reciproco: se speriamo che siano gli alieni a trovare noi, devono poter viaggiare per migliaia di anni luce, ed identificare come abitata la nostra particolare stellina in mezzo a tutte le altre assolutamente uguali.

Quindi le probabilità di un contatto dipendono dalla voglia di cercare, dalla velocità con cui ci si può muovere, e da quanto tempo una civiltà abbia per esplorare il cosmo ed espandersi, prima di tramontare, ma sono comunque basse. Si tratta in ogni caso di cercare un ago in un pagliaio, e un pagliaio davvero grande, è come trovare un singolo granello di sabbia, da lontano identico a tutti gli altri, in una spiaggia.

Drake e la sua famosa equazione

Delos: Ci sono prove che il contatto ci sia già stato?

Gianni Comoretto: Esiste un'infinità di argomentazioni per sostenere questa tesi 1. Purtroppo, viste da vicino, queste sono sempre molto poco convincenti 2.

Le ipotesi di contatti ed influenze su antiche civiltà derivano in genere dal proiettare su queste ultime le nostre conoscenze ed aspettative, insieme ad una buona dose di ignoranza. Così pannocchie stilizzate diventano periscopi, disegni di animali piste di atterraggio per gli UFO, geroglifici diventano disegni di elicotteri, elmi caschi spaziali.

Un altro motivo per pensare ad antichi contatti è il nostro senso di superiorità di uomini moderni. Non riusciamo ad immaginarci che una civiltà all'età del rame possa aver costruito le piramidi, che persone con semplici attrezzi di pietra possano aver innalzato le statue nell'isola di Pasqua, o che sia possibile disegnare le figure di Nazca senza avere a disposizione un elicottero. E allora ci immaginiamo ci sia bisogno di una qualche civiltà superiore, Atlantide o gli UFO.

Infine abbiamo bisogno di mistero. Se ci raccontano di un teschio di bufalo preistorico con un foro di pallottola rimarginato, preferiamo immaginarci una bella avventura di alieni costretti a difendersi, che chiederci se la storia sia vera, e scoprire che, in effetti, quel cranio al museo di Mosca non esiste. Di fronte ad un contenitore metallico che assomiglia ad una pila (ma non funzionerebbe, così come è stato ritrovato, che per pochi secondi) preferiamo pensare che sia una pila, piuttosto che un contenitore per papiri o qualcosa di altrettanto prosaico.

Un altro caso simile è quello dei Dogon, l'etnia centroafricana che avrebbe conoscenze astronomiche su Sirio B 3. E' bastato reinterrogare gli informatori dei due antropologi che hanno riportato inizialmente la notizia per scoprire che questi ultimi avevano semplicemente preso un abbaglio. Ma nel frattempo la notizia era servita da base per un libro, che ricamava in libertà fantasie su alieni anfibi provenienti da Sirio 4.

Delos: Quali sarebbero le principali implicazioni di un contatto con una forma di vita extraterrestre?

Gianni Comoretto: Vedere altre forme di vita, non collegate a quelle che conosciamo, risponderebbe a moltissime domande, e ci permetterebbe di definire meglio i problemi sollevati dalla prima domanda di questa intervista. Non sappiamo come la vita sia nata sul nostro pianeta, quali strutture alternative a quella che conosciamo siano possibili. Non sono però un biologo, e mi è difficile quindi cogliere tutte le implicazioni di un evento di questo tipo.

Delos: E nel caso in cui questa forma di vita fosse intelligente?

Gianni Comoretto: Credo sia difficilissimo rispondere. Come sarebbe una intelligenza aliena? Potemmo comunicare, almeno con il linguaggio della scienza? Che cosa loro ritengono importante? Cosa di tutto quello che oggi riteniamo ovvio non lo sarebbe per loro?

Per chi è religioso, anche la eventuale religiosità o non religiosità, di una civiltà aliena avrebbe grosse implicazioni. Ma tutto il nostro sistema di valori, le nostre strutture sociali, cosa consideriamo soggetto di diritti e ciò che non lo è (animali, oggetti, idee astratte). Probabilmente inorridiremo di fronte a loro usanze, probabilmente lo faranno loro delle nostre.

Delos: Che ne pensi del progetto SETI? Come funziona? Che speranze di successo ha?

Gianni Comoretto: Un segnale artificiale si distingue molto bene da un segnale naturale. I ricevitori usati per SETI analizzano il segnale radio cercando emissioni che abbiano una frequenza molto ben definita, come succede per la portante di una trasmissione radio. Occorre poi inseguire ogni segnale per lo spostamento di frequenza dovuto alla rotazione ed al moto orbitale terrestre, e a quello, sconosciuto, del pianeta che trasmette. Questo viene fatto in un secondo tempo utilizzando calcolatori che processano il segnale raccolto. Infine, nel caso si trovi qualcosa, occorre eliminare la possibilità che si tratti di un segnale terrestre, è semplicemente incredibile quanti oggetti di uso comune possano emettere onde radio, nell'uso normale o per guasti..

Il progetto si basa su assunzioni ottimistiche riguardo il numero di civiltà presenti oggi nella Galassia. Assume che utilizzino le onde radio, e che cerchino in qualche modo di contattarci. Con il radiotelescopio di Arecibo, alla distanza di Alpha Centauri, potremmo vedere solo trasmittenti con decine di megawatt di potenza, se non sono puntate, deliberatamente o per caso, esattamente verso di noi. Per ricevere il segnale della sonda Voyager, a dieci ore luce dalla Terra, abbiamo dovuto utilizzare alcuni dei nostri più grossi radiotelescopi.

Quindi deve verificarsi una serie fortuita di eventi che è abbastanza improbabile, noi che guardiamo nella direzione, nell'istante ed alla frequenza a cui qualcuno ci sta trasmettendo un saluto cosmico.

Lo Square Kilometer Array (SKA), un radiotelescopio in fase di progettazione formato da una superficie tappezzata di piccole antenne, potrebbe in teoria tenere sotto controllo in continuazione una buona parte di cielo a molte frequenze e con una elevata sensibilità. I costi di un simile strumento sono però altissimi, e non mi sembra probabile che potrà venire utilizzato in modo continuativo per SETI.

Delos: Qual è il rapporto costi/benefici? Che vantaggio avremmo nell'entrare in contatto in questo modo con una forma di vita intelligente?

Una schermata del software Seti At Home

Gianni Comoretto: I costi del progetto non sono alti, il ricevitore costa alcune decine di milioni. Il costo maggiore è costituito dal tempo di radiotelescopio, valutabile in una decina di milioni al giorno per un'installazione di medie dimensioni, e centinaia di milioni per grossi telescopi come Arecibo. E' quindi nato il progetto Serendip, in cui i ricevitori per SETI affiancano quelli utilizzati per il normale lavoro astronomico, sperando di trovare un segnale artificiale nella direzione e alla frequenza osservate da un radioastronomo per tutt'altro scopo. Serendipity è un termine inglese per indicare la fortuità, il trovare qualcosa mentre si sta cercando tutt'altro.

Anche i costi di calcolo sono stati ridotti con il programma seti@home, chiunque può collaborare utilizzando un software che si prende i dati via internet, li processa quando il calcolatore non sta facendo altro, e rimanda indietro i risultati. Il risultato finale è impressionante, il "calcolatore collettivo" che ne risulta ha una capacità attuale intorno a 15 teraflops.

Comunque la ricerca di segnali extraterrestri affascina molte persone. Il progetto SETI attualmente riceve finanziamenti privati per circa 3 milioni di dollari l'anno, e il magnate della Microsoft Paul Allen ha finanziato un telescopio dedicato con 12 milioni di dollari. Il telescopio, che avrà un'area di un ettaro, è simile come concetto al SKA.

I benefici sono difficilmente quantificabili. E' improbabile si trovi qualcosa, ma se questo succedesse avremmo la certezza di non essere soli nel cosmo, e già questo avrebbe grosse implicazioni. Avremmo indicazioni su di una civiltà, una cultura che è completamente diversa, slegata, dalla nostra biologia, dal nostro particolare modo di vedere il mondo di primati sociali. Potremmo pensare di creare un contatto stabile, anche se ogni nostro messaggio richiederebbe decenni prima di ottenere una risposta.

Delos: L'altro punto caldo della discussione sono i viaggi spaziali.

Il primo punto da affrontare è quello della messa in orbita. E' attualmente un freno allo sviluppo dell'industria spaziale? Che problemi si pongono? Quali sono le soluzioni adesso adottate e che ipotesi si fanno per il futuro?

Gianni Comoretto: Il problema principale è quello dei costi energetici. Per mandare in orbita un chilogrammo di carico utile ce ne serve circa cinquanta di propellente. Questo è un limite intrinseco della propulsione a razzo, per muovere qualcosa devo spingere all'indietro qualcos'altro. Ma all'inizio devo spingere anche il propellente che mi servirà più avanti, e così via, facendo crescere in modo geometrico la quantità di propellente che mi serve.

La situazione migliora se aumento la velocità con cui espello il propellente. I razzi a ioni, che stiamo sperimentando ora 5, sfruttano quest'idea, ma non sono adatti per vincere la gravità terrestre. Si può guadagnare molto sfruttando l'atmosfera, sia per sostenere il velivolo che come propellente, i gas di scarico di un motore a reazione atmosferico sono composti per quattro quinti di aria, che non devo portarmi dietro nei serbatoi. Ma non si riesce ancora a fare motori a reazione abbastanza potenti.

Delos: L'ascensore orbitale ipotizzato da Clarke ne Le fontane del Paradiso darebbe una risposta interessante a questi problemi? Come funziona l'ascensore orbitale, e fino a che punto è pensabile di realizzarlo con tecnologie che sono in vista?

Gianni Comoretto: Sarebbe una soluzione estremamente vantaggiosa. L'idea è quella di tendere una corda tra la Terra ed un satellite geostazionario, che orbita cioè sempre sulla verticale dello stesso punto al suolo, a 36.000 Km di quota. In questo modo devo sollevare fino in orbita solo il carico utile, e non tutto il propellente che poi dovrò comunque buttare via. Il problema è quello di trovare un materiale sufficientemente robusto da reggere il proprio peso per una lunghezza comparabile con il raggio terrestre, 6700 kilometri (dopo quella lunghezza l'attrazione gravitazionale e quindi il peso si riduce molto). Una corda di acciaio cede sotto il suo peso dopo qualche kilometro, il titanio arriva a 25 Km, la fibra di carbonio circa il doppio. Dobbiamo quindi trovare materiali cento volte più resistenti di questi.

Delos: Ancora non è stato realizzato nessun viaggio interplanetario con equipaggio umano. quali sono i grossi problemi che si pongono?

Gianni Comoretto: I tempi della missione, che sono molto lunghi. Un viaggio su Marte con l'orbita più "economica" dura nove mesi, poi occorre aspettare un anno perché Marte e Terra tornino allineati, e infine altri nove mesi per il viaggio di ritorno. In totale, due anni e mezzo.

Possiamo ridurre i tempi usando orbite più dirette, e il sistema di propulsore a fissione controllata di Rubbia, ma i tempi non sono mai inferiori a un anno. Dobbiamo quindi pensare a una astronave gigantesca, con sistemi di riciclaggio molto efficienti, possibilità di estrarre il propellente dalle rocce marziane, e una base semistabile sulla superficie. Tutte cose che ad oggi sono fantascienza.

Delos: Le soluzioni futuribili?

Gianni Comoretto: Quelle che ci propongono i libri di fantascienza. Astronavi enormi, equipaggio ibernato, motori a fusione termonucleare in grado di fornire spinte maggiori di quelle attuali. O idee completamente nuove, basate su estensioni della fisica conosciuta o su implicazioni di questa ancora non esplorate. La NASA mantiene un gruppo di studio anche su questa breakthrough physics, come viene chiamata, ma non mi aspetto di vedere utilizzati questi concetti a breve, temo anzi che molte di queste idee si mostreranno strade interessanti, ma sbagliate.

Delos: Le sonde automatiche per muoversi all'interno del sistema solare ottengono l'accelerazione indispensabile sfruttando l' "effetto fionda". Puoi spiegare come funziona?

Gianni Comoretto: Se ci mettiamo a cavallo del pianeta, la sonda ha la stessa velocità, ma direzioni differenti, quando si avvicina e quando si allontana. Ma rispetto al Sole il pianeta si muove. Immaginiamo che la sonda arrivi verso il pianeta in direzione quasi radiale, ad esempio all'estremità di un'orbita molto allungata, e riparta in direzione tangenziale, parallela a quella in cui si muove il pianeta. Vista dal pianeta la traiettoria entrante è un po' più inclinata, ma la velocità è circa la stessa, e questa sarà quindi anche la velocità della sonda nella traiettoria uscente. Tornando al punto di vista fisso, invece, per la traiettoria uscente le velocità del pianeta e della sonda ora si sommano.

In pratica, il guadagno che si riesce ad ottenere non è così grande, ma ricordo che anche un piccolo aumento di velocità costa un grosso aumento nella quantità di propellente. E non serve che il pianeta sia grosso, Cassini arriverà a Saturno dopo due "fionde" su Venere, una sulla Terra, e una su Giove.

Sigma Home page di Gianni Comoretto

www.arcetri.astro.it/~comore/

Sigma Arcetri Astro-Pictures Collection

www.arcetri.astro.it/irlab/Astro/

Il sito del JPL

www.jpl.nasa.gov

SETI

www.seti.org

SETI At Home

www.seti.org/science/setiathome.html

setiathome.berkeley.edu

Extrasolar Planet Search

www.extrasolar.org

NASA, "Breakthrough Propulsion Physics - Public information site"

www.lerc.nasa.gov/WWW/bpp/

Biosphere 2 Homepage

www.bio2.edu

NASA, "Warp drive, when?"

www.lerc.nasa.gov/WWW/PAO/warp.htm

Il film Contact dal punto di vista dei ricercatori del progetto SETI:

www.seti.org/general/contact.html

Warp factor one, Robert Matthews:

www.newscientist.com/ns/19990612/newsstory8.html

Delos: Il volo interstellare con equipaggio umano è a oggi molto lontano. Le prime sonde automatiche stanno uscendo dal sistema solare. Che benefici può avere l'umanità dall'inviare sonde automatiche su sistemi stellari lontani diversi anni luce?

Gianni Comoretto: Già arrivare a una frazione di anno luce dalla Terra ci permetterebbe di guardare le stelle da un punto di vista leggermente differente, misurando quindi molto bene, per parallasse, le distanze. Potremmo così stabilire una scala di distanze accurata fino alle galassie più vicine.

Le sonde inviate sui pianeti del nostro sistema solare ci forniscono una mole enorme di informazioni non ricavabili da terra. Ci aiutano a capire meglio processi geologici, metereologici, biologici. Poter guardare da vicino pianeti extrasolari sarebbe interessantissimo. Purtroppo non possiamo ora raggiungere, neppure con una sonda, velocità superiori a un millesimo di quella della luce, e quindi gli anni luce di distanza ce li sogniamo.

Delos: Tra l'attrezzatura di bordo di queste sonde interstellari si parla a volte anche di un piccolo laboratorio biochimico dotato di DNA umano da disseminare in ambienti favorevoli in sistemi planetari di stelle lontanissime da noi. Questa ipotesi assomiglia molto all'idea di partenza di un famoso racconto di James Blish, Tensione superficiale. Probabilmente - nell'ipotesi in cui della vita emerga da quel DNA umano - noi non entreremmo mai in contatto con quegli esseri umani nati su attorno a un'altra stella. Quali sono le ragioni che possono motivare una simile operazione?

Gianni Comoretto: Personalmente, penso che l'unica ragione sia una megalomania patologica. In realtà, nelle missioni spaziali si cerca di evitare in modo molto rigoroso l' "inquinamento biologico" di ambienti extraterrestri. La sonda Galileo verrà posta, a fine vita, in un'orbita che non possa finire su Europa, proprio per evitare possibili contaminazioni di un ambiente potenzialmente adatto alla vita.

Delos: Gerard O'Neil già a partire dagli anni '70 progettò diverse possibili soluzioni per delle città orbitali in grado di ospitare centinaia di migliaia di persone. L'ipotesi è molto affascinante, ma quale ragione potrebbe spingerci a intraprendere un progetto così impegnativo? Quale sarebbe il rapporto costo/benefici, e quali condizioni disastrose si devono immaginare perché divenga positivo?

Gianni Comoretto: I benefici sarebbero quelli di una stazione spaziale, ad esempio quello di avere ambienti con bassa gravità, estesi su scala molto maggiore. Ma se esistono molte situazioni in cui questi rappresentano vantaggi insostituibili, sia per processi industriali che per persone con alcuni problemi di salute, non vedo ragioni per andare oltre stazioni spaziali molto più modeste. Non vedo le città spaziali come una possibile via di uscita a problemi come il sovrappopolamento terrestre, sulla Terra non ci manca lo spazio, ma semmai lo spazio coltivabile, e anche il deserto del Sahara è ospitale se confrontato allo spazio esterno.

I problemi sarebbero enormi. Oltre ai costi materiali per portare in orbita qualcosa come un milione di carichi di Shuttle, occorre poi mantenere un ecosistema funzionante. Questo è un problema di ogni insediamento umano fuori dalla Terra, e siamo ben lontani dall'averlo risolto.

Il progetto Biosphere, un ambiente di 1,25 ettari in Arizona, materialmente isolato dall'esterno, è un importante esperienza in questo senso 6. Per sostenere questo ecosistema isolato, che ha mantenuto una decina di "coloni spaziali", vengono utilizzati megawatt di energia, e dieci milioni di dollari l'anno. Nonostante questo, dopo pochi anni l'ecosistema è collassato, con un'impennata della concentrazione di anidride carbonica e un crollo dell'ossigeno nell'atmosfera.

Delos: Un'altra tipica ipotesi fantascientifica è quella di costruire delle arche generazionali che si muovano attraverso le stelle a velocità subrelativistiche. Il viaggio da una stella a un'altra durerebbe decine di migliaia di anni, affrontati all'interno di un enorme vascello. Queste grandi arche potrebbero assomigliare alle città orbitali proposte da O'Neil, sarebbero del tutto autosufficienti e in grado di viaggiare ininterrottamente. Si pone un grosso dubbio: perché si dovrebbe intraprendere un viaggio lungo decine di migliaia di anni e abbandonare definitivamente il sistema solare?

Gianni Comoretto: I problemi sono soprattutto sociologici. L'habitat dell'arca diventerebbe a tutti gli effetti una nuova casa, patria, paese, per chi ha scelto di abitarvi, un habitat che non sarebbe necessariamente più isolato di molti ambienti in cui hanno vissuto molte culture umane. Non vedo enormi differenze rispetto ad una città spaziale, anche se chiaramente i contatti con la Terra sarebbero molto ridotti o nulli. Però nessuna civiltà è mai durata decine di migliaia di anni neppure sulla Terra, mi sembra difficile immaginare che sopravviva nella società chiusa di un'arca.

Delos: L'unica soluzione accettabile per effettuare viaggi interstellari con equipaggio umano appare quella di navigare globalmente a velocità superiore della luce. Ci sono ipotesi e congetture a proposito di viaggi FTL che non violino la relatività?

Gianni Comoretto: Lo studio di metodi per aggirare il limite della velocità della luce è diventato un hobby di molti studiosi di relatività generale. Questa teoria descrive la gravità come una manifestazione di una curvatura dello spazio-tempo. Posso quindi immaginarmi scenari in cui questa curvatura sia davvero molto strana, e poi andarmi a cercare la distribuzione di massa che serve per provocare quelle distorsioni.

Il primo meccanismo proposto è stato quello dei buchi neri a tunnel, o "wormholes". Questi sono stati studiati in dettaglio da Kip Thorne, un fisico del Caltech a cui Sagan aveva chiesto di ipotizzare un meccanismo plausibile per il suo romanzo Contact. Thorne ha trovato che è possibile creare una sorta di "tunnel" tra regioni distanti dello spazio in modo che la lunghezza misurata al suo interno sia molto minore di quella misurata all'esterno, tra le due "bocche". Un tunnel lungo pochi secondi luce potrebbe collegare rami opposti della Galassia, in pratica sarebbe una scorciatoia. Ma come sanno bene i fans di Star Trek, i wormholes sono instabili, in realtà molto di più di quanto appaia nei telefilm. L'apertura del buco collassa grossomodo alla velocità della luce. Però se si riuscisse a trovare materia "esotica", con massa negativa, sarebbe possibile stabilizzarla. Non abbiamo idea se questa materia possa esistere, sospettiamo che il vuoto abbia una (piccolissima) densità negativa, ma i fisici teorici si sono scatenati ad utilizzarla in dosi astronomiche come se fosse già possibile comperarla dal droghiere.

Miguel Alcubierre 7 ha ipotizzato un meccanismo in cui un particolare arrangiamento di massa negativa e buchi neri (a massa positiva) producono una espansione dello spazio dietro un'astronave, ed una contrazione davanti alla prua. Lo spazio nelle immediate vicinanze dell'astronave sarebbe calmo e piatto, ma non vorrei essere ai suoi fianchi. In pratica l'astronave resterebbe ferma in una specie di "surf" spaziotemporale. Il piccolo problema è che di massa negativa ne servirebbe davvero molta, una bolla di 100 metri di diametro, a warp 1, ne richiederebbe una quantità pari a dieci miliardi di volte la massa totale nell'Universo osservabile.

Ma in un lampo di genio, un altro fisico, Chris van Den Broek 8, ha pensato di creare una specie di "sacca" spaziotemporale abbastanza grande da contenere l'astronave, con un'imboccatura stretta quanto basta da non avere noiosi effetti quantistici, e quindi far "surfare" solo questa, con richieste di massa negativa di soli pochi grammi. Resta il piccolo problema di far entrare ed uscire l'astronave dalla sacca, ma ci stanno lavorando sopra. Restano anche altri problemi, ad esempio sembra sia necessario rifornire di energia la bolla dall'esterno.

Delos: Puoi spiegare perché se ciò si dimostrasse vero la relatività di Einstein non sarebbe da buttare? Quando viene scoperto qualche cosa di nuovo e rivoluzionario, quanto prima conosciuto viene integrato in un quadro più vasto?

Gianni Comoretto: Tutte queste teorie sono basate sulla relatività di Einstein, e quindi non la violano. La relatività ristretta ci dice che non è possibile superare la velocità della luce misurata rispetto alle cose che ci circondano nelle immediate vicinanze, ma la relatività generale ci dice che le nostre immediate vicinanze possono apparire molto "storte" ad un osservatore lontano, e quindi le velocità rispetto a lui possono essere molto diverse da quelle che valuto io localmente. Non esiste nessun problema, ad esempio, a pensare alle galassie più lontane in moto rispetto a noi a velocità che superano quella della luce, nell'espansione generale dell'Universo.

Per una astronave è molto diverso, perché le "distorsioni" hanno scale umane, e soprattutto perché posso ipotizzare di fare un percorso chiuso attraverso distorsioni differenti e ritrovarmi al punto di partenza prima di essere partito. Il che lascia molti studiosi quantomeno perplessi, i viaggi FTL probabilmente implicano la possibilità di fare viaggi nel passato (i viaggi nel tempo nel futuro sono banali, la nostra vita ne è un esempio). Forse qualche sorta di "protezione cosmica" impedisce i viaggi nel tempo, e questo fa sì che la materia "strana" e i viaggi FTL non esistano.

In ogni caso, anche se si scoprisse qualche meccanismo per viaggi FTL non contemplato dalle teorie attuali, molto difficilmente queste dovrebbero essere buttate via. Le teorie attuali sono basate su un'infinità di osservazioni, esperimenti, ragionamenti logici che rimangono comunque validi. Se vogliamo continuare a spiegarli, occorre che le nuove teorie incorporino quelle vecchie.

Delos: Rimane ancora in sospeso una domanda sui viaggi spaziali: perché l'umanità dovrebbe investire tante risorse in questo settore della ricerca?

Gianni Comoretto: Francamente non so rispondere neppure alla domanda su perché l'umanità mi debba pagare lo stipendio. Non abbiamo bisogno dell'astronomia, si vive bene anche senza, e ci sono sicuramente problemi più urgenti. Ma mi sembra egualmente di fare qualcosa di utile, per una parte del nostro essere umano che ama interrogarsi. Non so se sia utile andare di persona su Marte, o colonizzarlo. Mi sembra che non sia una domanda urgente. Ma non è una domanda scontata, in ogni caso.

Bibliografia

1. Pinotti R., 1991 Angeli, dei, astronavi, Mondadori

2. Stiebing, William H., 1998 Antichi astronauti, Avverbi

3. Temple R.G. 1976, The Sirius Mystery, London, Sidwick and Jackson.

4. G. Comoretto, "Il mistero dei Dogon e Sirio B", www.arcetri.astro.it/~comore/skeptic/dogon.txt

4. NASA, "The NSTAR Ion Thruster on the DS-1 Spacecraft", www.grc.nasa.gov/WWW/onboard/DS-1/ds1.htm

6. Marino B.D.V., Odum H.T, 1999: "Biosphere 2 - Research past and present" Elsevier Science

7. Alcubierre M., 1994, The warp drive: hyper-fast travel within general relativity, Class. Quant. Grav. n 11, p. L73 gr-qc/0009013

8. Van den Broek C., 1999: A warp drive with reasonable total energy requirements, Class. Quant. Grav. n. 16, p. 3979 gr-qc/9905084

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